domenica 5 settembre 2010

Società degli Amici di Ronchi e Poveromo, Ronchi-Poveromo Natura e memoria

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Nella Toscana nord-occidentale c'è un rettangolo di costa, lungo quattro chilometri e largo poco più di uno, che prende il nome di Ronchi, per il suo carattere di bosco e macchia, e di Poveromo, per la presenza di un vecchio fosso scolmatore delle acque, a cui chi sa chi, ha dato questo strano nome. A chi osserva la costa dall'alto, questo rettangolo appare come una superficie verde, residuo di una successione di boschi, macchia mediterranea, dune e paludi, che si estendeva dalla foce della Magra fino a Livorno.

Col passare del tempo varie bonifiche, lo sfruttamento del legname dei boschi, le ondate successive di urbanizzazione costiera hanno tagliato e spezzettato gran parte di questo ecosistema la cui spiaggia era governata dalla forza delle onde e del vento, dal flusso delle acque e della sabbia dei tre grandi fiumi: Magra a nord, poi, a sud, Serchio e Arno. I quattro magici chilometri di Ronchi e Poveromo ancora negli anni trenta apparivano selvaggi, bellissimi e silenziosi tanto da attrarre scrittori, pittori, intellettuali. Se ne trovano tracce e ricordi negli scritti di Calamandrei, padre e figlio, di Alberto Savinio, di Prezzolini e di tanti altri.


Poi venne la guerra e nella zona di Ronchi e Poveromo si trovava --- dal settembre 1944 all'aprile 1945 --- l'immediata retrovia tedesca della Linea Gotica, ricordata da un cippo sulla riva del fiume Cinquale, poco distante. Le pinete furono tagliate, la spiaggia fu sconvolta dalle fortificazioni, le case, alcune di grande pregio architettonico, furono sventrate dalle bombe e cannonate. Finalmente la guerra finì e la vita riprese in un territorio ancora sfuggito all'avidità degli speculatori: la natura dimostrò incredibile forza di recupero e permise la ricostituzione di gran parte della vegetazione originaria.

Tornarono gli scrittori, i pittori, i loro amici. Molti altri scoprirono le bellezze del luogo e costruirono nuove case in mezzo al verde, in forma discreta e rispettosa di questo singolare ecosistema. Sulla spiaggia restavano vaste zone di dune, con una vegetazione, talvolta rarissima, insediatasi qui e rimasta intatta da milioni di anni, attraverso le migrazioni dei continenti. Le cabine si inserivano discrete in questo paesaggio.

La seconda grande devastazione si ebbe nel 1977 quando un tornado distrusse gran parte dei pini costieri, scoperchiò case e cabine. Al disastro naturale si aggiunsero rapidamente decisioni miopi e affrettate: grandi masse del legname caduto furono sepolte sotto la sabbia delle dune che furono spianate e si costellarono di orribili "bagni"; gli spazi lasciati liberi dagli alberi caduti furono assaltati selvaggiamente e cominciarono a moltiplicarsi brutte case, fra prati all'inglese e piante esotiche, circondate da muraglioni di cemento. I devastanti "condoni edilizi" del 1985 e del 1995 legalizzarono gli abusi e incentivarono altri abusi e orrori.

La flora spontanea costiera --- lecci, ontani, querce, robinie (che qui chiamano acacie), pioppi, intrecciati di rovi --- sembrava troppo povera e misera e "sporca" per i gusti dei nuovi arricchiti. Ed è cominciato, anche in questa zona, un declino: l'acqua delle falde si è fatta più salmastra ed ha compromesso la vegetazione; i fossi si sono interrati e, trasformati in fogne maleodoranti, non arrivano più al mare; ogni pioggia improvvisa allaga i campi e i terreni, quasi vendetta della natura contro la cementificazione del suolo. Gli spazi ricreativi si sono trasformati in fonti di fracasso.

E' questo il "progresso" a spese della natura ? Eppure l'esperienza mostra che la violenza alla natura, alla capacità del vento e del mare di modellare le spiagge e le piante, ricade in breve tempo sui violentatori che vedono degradare anche il valore economico, monetario, delle loro bravate. Lo dimostrano le tante nuove "ville", circondate da spianate d'asfalto e da piscine, che restano invendute, riconosciute "brutte" e squallide.

Un gruppo di abitanti della zona di Ronchi e Poveromo, riuniti in una “Società degli amici di Ronchi e Poveromo”, associazione che ebbe fondatori illustri --- Calamandrei, Sacchi, Savinio, Carandini e tanti altri --- da molti anni cerca di spiegare, anche alle popolazioni e alle amministrazioni locali, quali sono i "valori" ecologici e naturali della zona, premesse per uno sviluppo anche economico, di occupazione duratura, sostenibile, come si usa dire oggi.

La "Società degli Amici di Ronchi e Poveromo" ha raccolto in un bel volume, intitolato "Ronchi-Poveromo. Natura e memoria", La Spezia, Stabilimento tipografico Fabbiani, molte testimonianze e ricordi di chi ha visto e vissuto nel "rettangolo magico" di cui si parlava all'inizio.La prima edizione del 1977 andò esaurita e l’associazione ne ha fatto opportunamente una riedizione nel dicembre 2007, stampata dagli editori Bandecchi e Vivaldi di Pontedera. Per ottenerne una copia scrivere a ottaviani.livia@gmail.com

Non si tratta del piagnisteo su un tempo perduto: non varrebbe la pena di parlarne. Il passato è prologo e la ricostruzione della storia di un territorio può servire ad evitare errori futuri, a orientare la pianificazione dei futuri insediamenti.

Il libro non rimpiange i privilegi di un ghetto per pochi benestanti un po' snob, ma sostiene che la valorizzazione anche economica della zona, la possibilità di usufruire delle bellezze della natura, la stessa estensione della stagione turistica al di la' della ristretta quindicina di ferragosto, le occasioni di occupazione nascono proprio dalla conservazione, protezione, manutenzione del verde, non dal loro sradicamento nel nome del cemento, dei casermoni e della bruttura.

Penso che vada riconosciuto, anzi rivendicato il diritto degli abitanti locali, prima di tutto, ma degli italiani in generale, di poter abitare in mezzo al verde e di accedere alle spiagge, ma che vada anche rivendicato il diritto di non privare altri cittadini, la comunità, dei valori dell'ambiente naturale da cui dipendono la salute, il clima, la bellezza, ben più indispensabili del cemento, delle piscine, delle discoteche.

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